Negli orti non mancano mai esemplari delle più comuni erbe aromatiche (menta piperita, rosmarino, salvia, etc). Nella maggior parte dei casi le famiglie rurali non coltivano erbe, piante o bulbi di cui si verifica una facile disponibilità allo stato selvatico (origano, finocchietto, timo, camomilla, etc.) foto 26-27, con l’eccezione del rafano (foto 28), della menta comune, della ruchetta, della borragine (foto 29)- molto comuni negli orti della zona- e, più raramente, della melissa (foto 30) e dell’asparago (foto 31).
8. Erbe, piante aromatiche e non alimentari
Non si può parlare di vera e propria domesticazione, invece, nel caso di alcune piante spontanee e quasi infestanti la cui presenza viene tollerata in misura della loro utilità come le canne e le cannucce (foto 32 e 33 ) per ricavare i tutori dei fagioli, la melega e la ginestra per la fabbricazione domestica delle scope (foto 34 e 35).
Sta di fatto che la contiguità tra il selvatico e il domesticato, frequente nei siti rilevati nella zona montana del bacino della Salandrella, è un fattore di grande importanza in quanto è fonte di nuova variazione genetica.
Infatti l’impollinazione incrociata (foto 36) che può verificarsi sponataneamente tra piante domesticate ed i loro parenti selvatici genera nuove specie sempre meglio adattate all’ambiente e, unita alla attitudine alla domesticazione, si traduce in una conservazione dinamica delle risorse genetiche vegetali.
E’ a questa combinazione di eventi che si può attribuire il ritrovamento dell’aglio gigante negli orti di due località diverse di Accettura. Le foto (37-39) rendono l’idea delle dimensioni del bulbo rispetto a quelle di un aglio comune, da cui differisce anche per il sapore molto delicato e, per questo, poco apprezzato, almeno per il consueto impiego dell’aglio.
E’ a questa combinazione di eventi che si può attribuire il ritrovamento dell’aglio gigante negli orti di due località diverse di Accettura. Le foto (37-39) rendono l’idea delle dimensioni del bulbo rispetto a quelle di un aglio comune, da cui differisce anche per il sapore molto delicato e, per questo, poco apprezzato, almeno per il consueto impiego dell’aglio.
L’analisi dei bulbi, effettuata presso il Laboratorio di Analisi Genomica dell’Università della Basilicata (foto 40) ha rintracciato il parente selvatico di questo aglio nel cosiddetto porraccio - Allium Ampelophrasum - riportato in foto 41 e molto frequente allo stato spontaneo in prossimità degli orti o al loro interno.
Una fortuita riproduzione da seme tra due genitori selvatici avrebbe prodotto la moltiplicazione del corredo genetico (poliploidia) e la nascita di individui giganteschi.
Casi del genere sono certamente rari ma non del tutto eccezionali, cominciano infatti ad essere riportati in letteratura (negli Stati Uniti il ritrovamento di bulbi giganti ha creato un certo interesse per l’uso alimentare di quello che viene comunemente conosciuto come elephant garlic = aglio elefante) e sono stati rinvenuti anche in altre zone della Basilicata.
Casi del genere sono certamente rari ma non del tutto eccezionali, cominciano infatti ad essere riportati in letteratura (negli Stati Uniti il ritrovamento di bulbi giganti ha creato un certo interesse per l’uso alimentare di quello che viene comunemente conosciuto come elephant garlic = aglio elefante) e sono stati rinvenuti anche in altre zone della Basilicata.