La chiesa di San Giovanni Battista a Matera, documentata nel 1204 con il titolo di “Santa Maria Nuova”, appartenne ai Padri Benedettini che l’abbandonarono nel 1212. In seguito l’Arcivescovo Andrea con il consenso del Capitolo cedette la chiesa alle monache agostiniane dell’ordine di Santa Maria di Accon e di tutti i Santi, giunte a Matera dalla Palestina ed ospitate sin dal 1198 nel cenobio rupestre di Madonna delle Virtù.
San Giovanni Battista
Il monastero fu costruito a partire dal 1230 e il possesso della nuova chiesa avvenne intorno al 1233. Dopo il 1412 le conventuali lasciarono la regola di S. Agostino per prendere quella di S. Domenico e in quella occasione il convento cambiò titolo e si disse di S. Maria dell’Annunziata. Nel 1480 le monache si trasferirono in un edificio della Civita nei pressi della Cattedrale detto dell’”Annunziata vecchia” o delle "Monacelle". Il convento rimase in uno stato di abbandono fino al 1607 quando l’uso della chiesa fu concesso alla confraternita della Carità. La chiesa fu intitolata a San Giovanni Battista nel 1696 ad opera dell’Arcivescovo spagnolo Antonio De Los Ryos y Colminarez originario di Amado in Spagna, che vi trasferì il battistero soppresso del Sasso Barisano.
La chiesa è una delle migliori espressioni dell’architettura medievale in Basilicata, un monumento che per importanza storica e per il suo stato di conservazione meriterebbe maggior attenzione da parte degli studiosi. La sua architettura si mischia di più influenze che vanno dalla pianta a croce greca, alle esperienze cluniacensi, agli archi ogivali gotici, ai portali di influenza araba, alle volte a crociera a costoloni tipicamente romanici, ai capitelli disposti su due ordini diversi che per qualità e varietà di temi trattati si annoverano tra i più belli del mezzogiorno d’Italia. La chiesa è munita di un ballatoio sorretto da mensole, a circa otto metri dal suolo, che corre all’interno e all’esterno dell’edificio e consente un percorso anulare fino a raggiungere un ballatoio esterno fiancheggiato da due elefanti, dal quale in età medievale era possibile dare la benedizione al popolo e verosimilmente anche il prezzo del grano, dell’orzo, dell’avena e di tutte le derrate alimentare che si conservavano nei “foggiali”, profonde fosse ipogee scavate nei dintorni del convento.
La facciata originaria della chiesa, oggi inglobata nel giardino del vecchio ospedale, si presenta con un portale elegante decorato da intrecci e corolle di fiori, e con un rosone attorniato da un arco sorretto da animali stilofori. Oggi il portale principale d’ingresso è murato e si accede all’antico luogo di culto attraverso un portale laterale anch’esso riccamente decorato con motivi floreali, colonnine con capitelli, due animali alati acefali e sull’architrave i volti di sei fanciulle. L’interno è a pianta greca con tre navate di cui quella centrale molto più alta delle due laterali che terminano con tre cavità absidali non visibili dall’esterno. L’edificio è sorretto da pilastri quadrilobati che sorreggono la volta a vela settecentesca della navata centrale e le volte a crociera a costoloni delle navatelle laterali che si innestano su archi a sesto acuto. I capitelli numerosissimi e tutti diversi tra loro sono figurati, di gusto classico e corinzio, con motivi floreali e frutti di ogni genere.
I Foggiali
I foggiali erano delle profonde fosse scavate nella roccia nelle quali veniva conservato il grano.In un passo della Cronaca della Città di Matera, Gianfranco De Blasiis descrisse quale "perfezione" caratterizzava questi luoghi, ubicati davanti al sagrato di questa chiesa, nella conservazione di un bene fondamentale della comunità.
Gianfranco De Blasiis Cronaca della Città di Matera 1635
"Delle conserve di grani e lor perfettione, basta di dire che ne si conserva sin’ a diece, dodeci e quindeci anni, come se stesse in una cassa, e per queste conserve dè grani ci è tradizione che questa Città fusse stata granaio del populo Romano, il che se dimostra dalle tante fosse ch’erano in un certo piano detto di San Biagio qual contrada da’ Notari antichissime né loro strumenti vien chiamata in Plano S.ti Blasy ubi antiquitus erant fovealia."