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15. I custodi della biodiversità

Come abbiamo anticipato la scelta di eleggere ad area di indagine un bacino idrografico risponde alla necessità di operare in una unità ecogeografica e, in particolare, l’Alta Valle della Salandrella segna il passaggio tra le due grandi ripartizioni territoriali della Basilicata: la montagna e la marina.
Questo passaggio è stato ben evidente nella esplorazione degli orti, non solo per la composizione delle piante che vi vengono coltivate, ma anche per come si inseriscono nel paesaggio e nella tipologia di famiglia che se ne prende cura.

L’Alta Valle

Nella parte alta della valle (Accettura e Oliveto Lucano) l’assetto del territorio porta ancora traccia della storica dispersione spaziale della proprietà o del possesso di piccoli appezzamenti, necessaria alle popolazione rurale per godere dei diversi usi della terra: il pascolo e il bosco a monte, le foraggiere, i cereali e i fruttiferi (vite, olivo) a scendere verso il fondovalle dove si trovano gli orti.
La dispersione della proprietà si ricompone quindi, in un territorio relativamente circoscritto, nelle unità elementari che si succedono nel paesaggio agrario della montagna: la silva (il bosco), il saltus (il pascolo), l’ager (il campo coltivato) (foto 85 e 86), che si completa in un paesaggio rurale comprendendo anche i coltivi (orti, giardini e piccoli frutteti) che circondano il centro urbano (foto 87).
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Di conseguenza gli orti familiari, compresi quelli aziendali, fanno parte di un continuum tra selvatico e coltivato in cui l’opera della natura - l’impollinazione incrociata - si completa con quella dell’uomo - selezione e domesticazione - nel creare quelle razze locali con le migliori caratteristiche di adattamento all’ambiente.
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In questi comuni, infatti, abbiamo rinvenuta la maggiore quantità e varietà di piante, comprese quelle di origine antica e locale. Una analogo continuum si verifica dal punto di vista della caratterizzazione sociale dei nuclei familiari custodi che ad un estremo sono rappresentate dalle famiglie rurali il cui reddito proviene (o proveniva, in caso di pensionati) da attività artigianali o di servizio e che mantengono la cura dell’orto come complemento all’economia domestica, del tutto al di fuori del possesso di una azienda agricola.

In posizione intermedia sono le famiglie pluriattive, per le quali il reddito è assicurato da attività extra-aziendali (spesso braccianti forestali) rispetto al quale la gestione di una azienda agricola rappresenta una fonte complementare di reddito.
La pluriattività della famiglia agricola è, peraltro, una regola anche nel caso in cui l’azienda consente (ma sarebbe meglio dire richiede) il lavoro a tempo pieno di almeno una o più unità di lavoro familiare (famiglia agricola).
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La diversa composizione delle fonti di reddito familiare, però, non è correlata al luogo di residenza. Caratteristica dello spazio rurale meridionale è l’insediamento umano accentrato: le famiglie tendenzialmente vivono in paese, comprese le famiglie agricole che non siano vincolate dalla cura quotidiana del bestiame alla residenza aziendale. In questo caso la produzione aziendale per l’autoconsumo comprende, oltre l’orto, anche animali di bassa corte (pollame, conigli), l’allevamento del maiale e la sporadica presenza di asini e cavalli (sempre più mantenuti per diletto piuttosto che per una precisa utilità), foto 88 - 93 (*).
(*) Ancora più rapidamente di quanto osservato per le varietà locali di piante a ciclo breve, le razze autoctone di animali allevati per l’autoconsumo familiare sono esposti all’erosione genetica e in molti casi si possono dire definitivamente scomparsi dalla zona.
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imageAspetto non secondario per comprendere l’economia domestica è il ciclo di vita della famiglia custode.

Ad una prima lettura dei dati emerge come nelle famiglie che gestiscono un’azienda si verifichi ancora un ricambio generazionale (foto 94), o per l’insediamento di famiglie giovani (coppie con figli minori) o per la coesistenza di due generazioni che gravitano intorno alla produzione agricola (famiglie allargate). Il passaggio generazionale o il ritorno all’agricoltura di persone che hanno svolto altri mestieri, però, implica anche una riduzione della varietà di piante da coltivare nell’orto e la propensione a sostituire le varietà antiche e locali con quelle commerciali.
Questo fenomeno si osserva in misura molto minore nelle famiglie agricole allargate, presso le quali la cura dell’orto è prevalentemente una mansione femminile, ed in particolare della donna anziana (95 e 96). Nelle famiglie extra-agricole, tra le quali non abbiamo rilevato casi di famiglia allargata, prevalgono nuclei composti da genitori con figli adulti (famiglia matura) o da coppie di soli anziani.
In entrambe i casi sono soprattutto i pensionati maschi a prendersi cura dell’orto. In definitiva, il patrimonio di conoscenza relativo alle risorse genetiche locali e alle tecniche di coltivazione è nelle mani delle donne e degli uomini di una generazione che si avvia al tramonto.
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Verso la marina

Il paesaggio agrario si semplifica scendendo verso la marina (Garaguso e San Mauro Forte): il campo coltivato (soprattutto olivo, cereali e un po’ di vite) rapidamente prevale sul bosco e sul pascolo e trova un limite solo nelle formazioni calanchive che accompagnano il corso della Salandrella (foto 97 -101).
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Si riduce così la promiscuità tra la vegetazione selvatica e domesticata; gli orti periurbani sono ancora sporadicamente presenti a Garaguso, dove ne abbiamo rilevati due, gestiti da famiglie di pensionati, sono soppiantati da ampie superfici olivetate sulla collina di San Mauro Forte (foto 102). La ricerca degli orti, ha dovuto ripiegare in direzione Calciano per ritrovare una continuità ecogeografica, mentre è proseguita sulle aziende agricole custodi di biodiversità. Al loro interno la presenza degli orti è vincolata dalla disponibilità di acqua e la maggior parte di piante ortive o da frutto sono state acquistate (foto 103).
La ricerca degli orti, ha dovuto ripiegare in direzione Calciano per ritrovare una continuità ecogeografica, mentre è proseguita sulle aziende agricole custodi di biodiversità. Al loro interno la presenza degli orti è vincolata dalla disponibilità di acqua e la maggior parte di piante ortive o da frutto sono state acquistate (foto 103).
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Nessun orto è stato trovato nelle aziende agricole visitate a San Mauro Forte. Per le famiglie agricole, prevalentemente dedite alla gestione di aziende molto più estese e specializzate di quelle incontrate in montagna, l’importanza della produzione per autoconsumo si ridimensiona e finisce per estinguersi quando l’attività agricola diventa professionale e il lavoro aziendale richiede l’apporto di salariati.
La coltivazione di razze locali di piante (il grano duro Cappelli, l’oliva Maiatica) e l’allevamento podolico poggiano sicuramente sull’inclinazione personale del produttore agricolo (talvolta è una vera e propria passione) ma non è estranea ai segnali del mercato e pronta a cogliere le opportunità offerte dalle incentivazioni pubbliche.
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