Domenica 19 giugno 2011 ore 19.00, sede di ARTErìa,Vico XX Settembre - Matera
Domenica 19 giugno 2011, nell’ambito della XV Edizione del Vivaverdi e della Rassegna Letteraria 2011 DiVersi eParole si presenta il libro di poesie C’è un’ora di Domenico Orlandi LaStramperiaedizioni collana “ut pictura poesis” a cura di Rossana Tinelli.
La pubblicazione della collana letteraria è caratterizzata come nei precedenti volumi di Giancarlo Cuscino e di Rossana Tinelli, dalla simbiosi tra liriche ed pittura anche nel libro “ C’è un’ora”, i versi dell’avvocato-poeta Domenico Orlandi si accostano alle opere dell’artista Dragan Čulić, nativo di Sarajevo.
Il testo è suddiviso in due sezioni: nella prima troviamo poesie in italiano mentre seconda poesie in vernacolo, in dialetto materano corredate di una traduzione.
Presentazione libro di Domenico Orlandi
Interventi
Rosalba Demetrio
Simonetta Sciandivasci
Katia Ricci
Dario Carmetano
Musiche originali
Oscar Del Barba
Milena Orlandi
Biagio Orlandi
Voce recitante
Domenico Orlandi
Antonio Montemurro
Opere
Dragan Čulić
Rosalba Demetrio
Simonetta Sciandivasci
Katia Ricci
Dario Carmetano
Musiche originali
Oscar Del Barba
Milena Orlandi
Biagio Orlandi
Voce recitante
Domenico Orlandi
Antonio Montemurro
Opere
Dragan Čulić
Sono riportate alcuni stralci dei quattro commenti al libro di Rosalba Demetrio, Simonetta Sciandivasci, Katia Ricci e Dario Carmentano.
È poesia prevalentemente intimista quella di Domenico Orlandi, espressione condensata di emozioni più che descrizione di stati d’animo, frammenti autobiografici di un “io storto” alla ricerca di sé, che come una trottola gira su se stesso finché un granello ne interrompe il moto spiraliforme nel “cono della vita”, una vita “ad un filo/ in equilibrio”. Rosalba Demetrio
Nelle poesie di Domenico non ho trovato un canone, non ho trovato insegnamenti retorici e capziosità simil letterarie: ho trovato una città che ha imparato a riconoscersi ma non ancora a conoscersi, i ricordi di un mondo in cui le differenze sociali facevano ancora tenerezza (e lo si capisce leggendo “La Fasc’nedd”), l’amore fatto di concretezze e non di sospiri, la vita fatta di prove e non aspettative, la serenità fatta di unione e non di indipendenza. Simonetta Sciandivasci
Dragan Čulić , nativo di Sarajevo, è un artista che ha attraversato il dolore e che porta dentro di sé i segni di un’umanità profondamente ferita, ma non doma né umiliata. Attraverso quella ferita riesce ancora a cogliere barlumi di speranza e di quella bellezza del mondo che, nonostante tutto riaffiora, come il fiore selvatico e la pianta testarda, che, pur in un paesaggio devastato dall’incendio e nelle macerie di un muro, prima o poi rinasce. Tutto si può dire dell’arte di Dragan Čulić, meno che essa abbia un’ispirazione lirica, eppure le sue immagini si sposano meravigliosamente con i versi di Domenico Orlandi. Quello spazio bidimensionale, infinito, attraversato da sciabolate di colore si armonizza stranamente con la poesia. Le campiture di colore creano una divisione irregolare dello spazio, imprigionato da una struttura compositiva molto ricercata e sapiente, che più che fare da cornice alla poesia, crea una tensione con gli stati d’animo narrati da Orlandi. Katia Ricci
Dragan ci disvela le sue profondità, ci mostra i suoi lavori di pittura: fogli di luce che soverchiano il normale biancore della carta, dove il rigore della sua disciplina è una rivelazione. Ogni segno è un accadimento preciso, senza alternative. Visioni che superano il luogo, che creano paesaggi dell’infinito abitati dai suoi segni e dalle sue campiture cromatiche, assolute, che nella loro bidimensionalità emanano proiezioni plurispaziali. I suoi segni, repentini, forti, dinamici sono bramosie ma di pace, libere, senza recinti; altrimenti, costrette, sarebbero azioni belliche, colpi d’arma. Sono punti visivi che si costruiscono senza orizzonte, la cui ampiezza è infinita e rende lo spazio del foglio assolutamente virtuale. Dario Carmentano
È poesia prevalentemente intimista quella di Domenico Orlandi, espressione condensata di emozioni più che descrizione di stati d’animo, frammenti autobiografici di un “io storto” alla ricerca di sé, che come una trottola gira su se stesso finché un granello ne interrompe il moto spiraliforme nel “cono della vita”, una vita “ad un filo/ in equilibrio”. Rosalba Demetrio
Nelle poesie di Domenico non ho trovato un canone, non ho trovato insegnamenti retorici e capziosità simil letterarie: ho trovato una città che ha imparato a riconoscersi ma non ancora a conoscersi, i ricordi di un mondo in cui le differenze sociali facevano ancora tenerezza (e lo si capisce leggendo “La Fasc’nedd”), l’amore fatto di concretezze e non di sospiri, la vita fatta di prove e non aspettative, la serenità fatta di unione e non di indipendenza. Simonetta Sciandivasci
Dragan Čulić , nativo di Sarajevo, è un artista che ha attraversato il dolore e che porta dentro di sé i segni di un’umanità profondamente ferita, ma non doma né umiliata. Attraverso quella ferita riesce ancora a cogliere barlumi di speranza e di quella bellezza del mondo che, nonostante tutto riaffiora, come il fiore selvatico e la pianta testarda, che, pur in un paesaggio devastato dall’incendio e nelle macerie di un muro, prima o poi rinasce. Tutto si può dire dell’arte di Dragan Čulić, meno che essa abbia un’ispirazione lirica, eppure le sue immagini si sposano meravigliosamente con i versi di Domenico Orlandi. Quello spazio bidimensionale, infinito, attraversato da sciabolate di colore si armonizza stranamente con la poesia. Le campiture di colore creano una divisione irregolare dello spazio, imprigionato da una struttura compositiva molto ricercata e sapiente, che più che fare da cornice alla poesia, crea una tensione con gli stati d’animo narrati da Orlandi. Katia Ricci
Dragan ci disvela le sue profondità, ci mostra i suoi lavori di pittura: fogli di luce che soverchiano il normale biancore della carta, dove il rigore della sua disciplina è una rivelazione. Ogni segno è un accadimento preciso, senza alternative. Visioni che superano il luogo, che creano paesaggi dell’infinito abitati dai suoi segni e dalle sue campiture cromatiche, assolute, che nella loro bidimensionalità emanano proiezioni plurispaziali. I suoi segni, repentini, forti, dinamici sono bramosie ma di pace, libere, senza recinti; altrimenti, costrette, sarebbero azioni belliche, colpi d’arma. Sono punti visivi che si costruiscono senza orizzonte, la cui ampiezza è infinita e rende lo spazio del foglio assolutamente virtuale. Dario Carmentano
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Presentazione libro di Domenico Orlandi
19 giugno 2011 ore 19.00
sede di ARTErìa
Vico XX Settembre
Matera