La Quaresima
La Quaresima fino a tre secoli dopo la morte di Gesù non esisteva.
Non si sentiva la necessità di prepararsi spiritualmente alla morte e resurrezione di Gesù da quaranta giorni prima, non vi era alcuna preparazione alla testimonianza del martirio, nessun digiuno, nessuna penitenza.
L’usanza di iscrivere al libro maestro i credenti cristiani, assolti dai peccati mediante penitenza pubblica, si diffuse solo nel IV secolo. Penitenza che si fermava alla settimana di digiuno che precedeva la Pasqua. In seguito, la chiesa, cercando di convertire quanta più gente possibile al Cristianesimo, allungò i giorni della penitenza, determinando la formazione di una quadragesima, che inizia quattro domeniche prima di Pasqua. Da cui la Quaresima, in dialetto quaremma.
Successivamente, considerata la domenica, essendo giorno di riposo, intangibile dalla penitenza, si fissò l’atto penitente al mercoledì precedente. Così il mercoledì diventò giorno di digiuno. Ma ci si chiede, perché proprio quaranta e non 20, 30, o addirittura 50 giorni di penitenza?
Sicuramente fu determinante il numero quaranta che si ritrova nell’Antico Testamento.
Sembra che quaranta furono i giorni del diluvio universale, quaranta i giorni che Mosè passò sul monte Sinai, quaranta furono i giorni impiegati dagli ebrei per esplorare la terra promessa, quaranta furono i giorni di cammino che il profeta Elia impiegò per giungere al monte Oreb, e quaranta furono i giorni di tempo che Dio diede a Ninive prima di distruggerla.
Il numero quaranta compare costantemente anche nel Nuovo Testamento.
Sembra, infatti, che Gesù trascorse quaranta giorni nel deserto, dopo il suo battesimo nel Giordano e prima del suo ministero pubblico e quaranta giorni trascorsero dalla sua Resurrezione all’Ascensione al cielo.
Matteo (4,2) ci ricorda che “
Gesù, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame” e dopo aver subìto il martirio, si ferma ancora quaranta giorni per parlare ai suoi discepoli, trattenendosi con loro, rassicurandoli di essere lo stesso amichevole e fraterno Gesù che ha cura di loro, si curva per accendere il fuoco e riscaldarli, cucina del pesce per sfamarli, li chiama a mangiare perchè il cibo è già preparato.
Ecco il Cristo che cucina, sfama e usa il cibo come mezzo di comunicazione, non come mezzo di sofferenza, di penitenza, ma come atto divino di fratellanza, di comunanza.
Prima di lasciare per sempre la Madre Terra raccoglie intorno a sé i suoi apostoli e li invita a consumare assieme il desco da lui preparato, come ad invitarli a riflettere sull’atto iniziale della vita, il cibo che ci nutre, per poi trasformare noi stessi in cibo da nutrire. Nascita, vita, morte e resurrezione di ognuno di noi!
Federico Valicenti